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L'Inchiesta 6/2011 | pagina 1

Il riso che maschera
Laura Sadis, consigliera di Stato, ha rivelato in Gran Consiglio un insospettato talento di narratrice. Con divertente (e divertita) meticolositè, ha srotolato la meschina storiella senza cedere alla tentazione di far trapelare qualsivoglia giudizio di valore. Ha riferito fedelmente i fatti come li ha registrati ora per ora, nei minimi dettagli, da destinataria coinvolta nella vicenda BancaStato per dovere d’ufficio. Si è servita con astuzia maliziosa di una figura retorica, l’enumerazione, nella fattispecie dimostratasi a doppio effetto: precisione certosina incontestabile da una parte; ironia dall’altra, ben inteso a spese del mittente. Si vedrà più avanti per merito di quale bazzecola, menzionata al momento giusto, l’ironia è sfociata, doveva sfociare, nella quasi corale risata liberatrice.

Qui si impone la pertinenza di una breve parentesi: devo la facoltè di rievocare la prestazione narrativa sopra descritta alla professionalitè di chi ne ha restituito al pubblico la sequenza e la letteralitè: il cronista del quotidiano LaRegione Ticino, che si è persino premurato di raccomandarci l’attenzione ai tempi: in quale giorno, a che ora esattamente chi ha detto che cosa alla direttrice del Dipartimento economia e finanze.

E vengo al mittente Fulvio Pelli: avvocato, presidente del Consiglio di amministrazione di BancaStato, deputato al Consiglio nazionale, presidente del Partito liberale-radicale svizzero. Nei verbali di quella storica seduta del Gran Consiglio sarà sempre leggibile, per futuri studiosi di cantonticineserie, lo stupefacente infortunio che impedà al suddetto di connettersi con la destinataria: essersi Fulvio Pelli troppo tardi accorto che la batteria del proprio cellulare era scarica. Fu l’ennesimo errore di comunicazione commesso dal presidente di BancaStato.

Similmente buffo ma più corposo l’altro errore fra i precedenti tutti suoi: dichiarare che il Consiglio di amministrazione aveva concesso un congedo di tre mesi al direttore generale Donato Barbuscia per seguire all’estero un corso di aggiornamento. Come se nel minuscolo e pettegolo Ticino fosse tanto facile custodire i segreti, specie di Stato e parastato! Ahim, Barbuscia proprio in quel periodo fu visto in terra ticinese. Alle strette, Pelli finè per dover dissabbiare la veritè: il Consiglio di amministrazione aveva licenziato il direttore generale perché inadatto all’adempimento di non meglio precisati nuovi compiti. Giova rammentare che sempre di errori si tratta, mai di bugie!

Sorvolo qui sul resto - BancaStato salvatrice del Nano e conseguente autocensura di costui e del fratello, conflitti di interesse, agevolazioni accessorie, costante silenzio tombale della squadra Pelli sulle pluriennali, insistenti e sistematiche accuse di intrallazzo e mala gestione da parte del periodico Solidarietà - e tiro le somme. Fulvio Pelli, rampollo di una generazione di politici che il potere lo usavano da prepotenti, sembra non voler capire che la società cambia di giorno in giorno; che certi modi di eludere le regole dell’ordinamento liberal-democratico non pagano più; che l’arroganza, l’arbitrio e l’opacitè incutono più disprezzo che timore reverenziale; che l’esercizio del potere dev’essere un servizio che si rende alla collettivitè, non una prerogativa di classe, di famiglia, di tribè o di partito.

Riflettano, gli attuali suoi dirigenti politici, sul senso e sull’avvenire di BancaStato. A che cosa ancora possono servire

Lauro Tognola

Rubrica: Pane al pane

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