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L'Inchiesta 6/2002 | pagina 18

Troppo vicino alla verità
Dietro la morte in parapendio dell'avvocato luganese Gianluca Boscaro c'è una causa legale inquietante: tre intermediari ticinesi accusati di aver fatto sparire i milioni di Saddam Hussein & co. nascosti a Lugano

Da decenni a Lugano è nascosto il denaro del dittatore iracheno Saddam Hussein. Tre intermediari ticinesi sono sospettati di averne fatta sparire una parte nelle loro tasche. L'avvocato che li accusava è morto in un incidente. L'Inchiesta ha ricostruito il caso grazie a documenti scottanti.

Se l'Iraq è colpito da embargo, chi consegna materiale strategico a Baghdad? E con quali soldi il governo di Saddam Hussein paga la costosissima merce? Usa e Gran Bretagna parlano di Al Qaida e di complotti islamici, ma non dicono tutta la verità.

Da Lugano passa una struttura finanziaria che da oltre 20 anni serve a nascondere gli affari con l'Iraq. Tre intermediari ticinesi (un avvocato e due fiduciari) sono sospettati di aver sottratto milioni di franchi da conti intestati a persone di fiducia di Saddam Hussein.

L'avvocato luganese che li accusava ora non c'è più. Il 16 agosto scorso Gianluca Boscaro (44 anni), campione europeo di parapendio è precipitato durante una qualificazione al campionato del mondo sul Lago d'Orta.

Prima di morire, Boscaro aveva messo il dito nel punto più delicato della struttura segreta ticinese di Saddam Hussein. Il suo nome rischiava di finire nella lista nera degli Stati Uniti dopo l'11 settembre (a causa delle sue relazioni con Al Taqwa). Ma secondo i documenti in possesso dell'Inchiesta, Boscaro era andato avanti con coraggio alla ricerca dei soldi scomparsi. Ed era arrivato fin troppo vicino alla verità.


Armi di Bush all'Iraq

L'Iraq ha ricevuto armi e soldi per miliardi di franchi dagli Stati Uniti. Un programma di armamento chimico e sperimentazione nucleare portato avanti con l'appoggio della famiglia Bush fino alla guerra del 1990.

Dopo il colpo di stato che nel 1979 rovescia lo Scià di Persia, Saddam Hussein pare agli strateghi occidentali l'ultima barriera contro il dilagare del fondamentalismo islamico. George Bush Senior sostiene l'Iraq contro l'Iran di Khomeini fin che si accorge di aver fatto un gravissimo errore. Per insabbiare tutto manda a morire migliaia di persone nel deserto iracheno.

Nel 1989 nella filiale di Atlanta della BNL Banca Nazionale del Lavoro si scopre un buco di oltre 4 miliardi di dollari. Colpa dei prestiti al regime iracheno

Nel libro "Progetto Babilonia" il giornalista Fabrizio Tonello sostiene che questo crac finanziario è una delle cause dell'invasione irachena del Kuwait.

Già nel 1992 il Washington Post si era occupato della struttura ticinese di Saddam Hussein. Allora la Commissione federale delle banche aveva fatto congelare l'equivalente di circa 600 milioni di dollari in partecipazioni e depositi bancari del governo iracheno sul suolo svizzero. Secondo l'ex capo contabile di Saddam, il banchiere Jawad Hashim, il bottino gestito dai fiduciari elvetici doveva in ogni caso superare i 30 miliardi di dollari.

«Il trucco è che i soldi non erano e non sono in Svizzera» spiega Hashim in un memoriale. «Ma in conti esteri gestiti nominalmente da società svizzere. I fiduciari possono muoverne solo una piccola parte, dato che Saddam Hussein di loro non si fida. Quando i soldi arrivano a Zurigo nemmeno i fiduciari sono in grado di ricostruirne gli spostamenti o di metterci le mani sopra».

L'inchiesta del Dipartimento del Tesoro americano stabilisce che i soldi vengono "ripuliti" dalle banche americane e poi arrivavano via Lussemburgo sui conti del Credito Svizzero e dell'Ubs. I risultati del Dipartimento danno però fastidio all'amministrazione Bush e finiscono in un cassetto.


Interviene Elio Borradori

La struttura finanziaria viene creata su istruzione di Barzan Tikriti. L'ex capo del servizio segreto iracheno e cugino di Saddam Hussein vive da decenni a Ginevra.

Lui stesso non ha mai potuto far molto. Talaat Sudki El Naboulsi, suo genero Saad Al Mahdi ed il cugino Husem Al Ferzan, invece, in Svizzera c'erano arrivati già alla fine degli anni Sessanta senza avere un passato scabroso.

Nessuno meglio di questi tre mercanti di materie prime poteva costruire un impero finanziario senza dare nell'occhio.

El Naboulsi aveva già servito nell'esercito sotto Tikriti ed era arrivato a Ginevra nel 1967 come ufficiale di collegamento. Oggi, ufficialmente in pensione, è ancora domiciliato sulle rive del Lago Lemano.

Al Mahdi è cugino di secondo grado di Saddam Hussein. A Baghdad si era occupato di cereali e trattori, poi grazie ad un congruo finanziamento della Banca Centrale Irachena aveva fondato la MEDP Mediterranean Enterprises Development Projects, dapprima con holding a Baghdad e filiale a Ryadh.

Nel 1968 Al Mahdi viene presentato a due intermediari: il liechtensteinese Engelbert Schreiber Senior e l'avvocato ticinese Elio Borradori.

A presentare i tre pare che sia stata un'altra vecchia conoscenza dell'ambiente finanziario occulto del fondamentalismo islamico: Ben Moustafa Nada, il banchiere egiziano fondatore del gruppo Al Taqwa ora gestito da suo figlio Youssef e finito sulla Black List delle autorità americane dopo gli attentati dell'11 settembre 2001.

Grazie alla collaborazione di Borradori e Schreiber in pochi anni Al Mahdi costruisce un vero e proprio impero. La centrale operativa è a Lugano. Da qui si dirama una ragnatela verso Vaduz, Panama, New York, Tokyo, Parigi, Hong Kong, Milano, Vienna, Londra, Seul e Sâo Paulo in Brasile.

Solo le società ufficialmente residenti in Svizzera hanno un capitale sociale di 93 milioni di franchi. L'intero gruppo a livello mondiale gestisce nel 1978 un patrimonio di oltre 5 miliardi di dollari e ha una cifra d'affari almeno sei volte più grande.

Su suggerimento di Elio Borradori, Al Mahdi prende sotto contratto due fiduciari ticinesi, Giuseppe Poggioli e Francesco Pizzagalli, ed un tuttofare, un italiano residente a Lugano di nome Alberigo Alesi.

Al Mahdi si trasferisce quasi in pianta stabile a Parigi, da dove tratta gli affari più importanti per il governo iracheno: l'acquisto di armi e di tecnologia militare.

I trasporti avvengono sotto l'egida della MEDP di Lugano e vengono assicurati dal gruppo Allianz. I soldi per le coperture dei rischi sono depositati alla Banca del Gottardo che quindi è a conoscenza delle forniture, come confermano i documenti in mano a L'Inchiesta.

La controfirma a Baghdad per il gruppo MEDP l'ha uno degli uomini più vicini a Saddam Hussein, il direttore della filiale irachena Nazir Auchi.

Quest'ultimo è membro di una famiglia importante. Suo fratello Nadhmi Shakir Auchi è più volte caduto in disgrazia agli occhi di Saddam, che nel 1979 addirittura lo condanna a morte.

Auchi scappa a Londra, dove nel 1980 ottiene la cittadinanza britannica e costruisce un impero finanziario sotto l'ala protettrice del miliardario americano Henry J. Leir. Leir è l'amministratore patrimoniale e intermediario europeo della compagnia petrolifera del nonno di George W. Bush. Una società ora guidata dal padre del presidente Usa.

Leir muore nel 1999 e Auchi rileva le sue attività. Oggi Auchi è un miliardario. Con la GMH General Mediterranean Holding controlla la BCL Banque Continentale du Luxembourg, una quota consistente del gruppo BNP Paribas ed è un importante socio d'affari della Fidinam, il gruppo di Tito Tettamanti, suo amico.

Auchi è uno dei partner d'affari più importanti della famiglia Bush. Nello stesso tempo è sempre legato all'Iraq.

Già nel dicembre 1980, un anno dopo la sua condanna a morte, Auchi riguadagna la fiducia di Baghdad. Come mediatore per Saddam Hussein firma un contratto con i Cantieri navali riuniti italiani per 968 milioni di dollari.

Quando nel 1982 la magistratura italiana si accorge che le navi sono destinate a Saddam Hussein, a Roma scoppia lo scandalo.

Da quel momento le ordinazioni di macchine e materiale bellico destinate all'Iraq deve farle qualcun altro. Ma chi? La scelta cade sulla struttura luganese di Al Mahdi, che può avvalersi di un collaboratore fidato come il fratello di Nadhmi Auchi.

Nei documenti confidenziali in possesso dell'Inchiesta si trovano contratti importanti con la Thomson, la Dassault, la Oto Melara e altri fornitori di materiale strategico.

L'Inchiesta ha in mano anche i piani di una fabbrica con aereoporto e laboratorio chimico chiamata Saad 16. I piani sono di un'impresa tedesca che nel 1982 lavora per il ministero della difesa iracheno. La mediazione dell'affare la fa la MEDP, ovvero la struttura segreta basata a Lugano.

I lavori di costruzione iniziano nel 1985 e finiscono nel 1996. Durante quegli 11 anni scoppia la guerra del Golfo e l'Iraq subisce l'embargo totale. I fornitori occidentali lo aggirano attraverso il gruppo di Al Mahdi messo in piedi in Ticino.

Nel 1984 però la MEDP di Lugano ha problemi di liquidità. Said Al Mahdi incarica la società di revisione Ernst & Whitney di controllare l'operato degli intermediari ticinesi. Il risultato lo terrorizza. La Ernst & Whitney chiede a Giuseppe Poggioli e Elio Borradori dove è sparito oltre un miliardo di dollari (!) più le azioni di diverse società bucalettere.

Poggioli non risponde a tutte le domande. Borradori dice di non saperne nulla, di non ricordare. Al Mahdi è furente. Nel gennaio 1985 tenta di bloccare l'accesso degli intermediari ticinesi a conti, titoli, contratti.

Troppo tardi. Buona parte della sostanza del gruppo MEDP è sparita.

Su consiglio del governo iracheno i contratti più importanti vengono sigillati in un caveau della banca BNP a Parigi. Si tratta di accordi con le fabbriche di armi occidentali che ancora oggi vengono regolarmente onorati.

Dal Ticino però qualcuno consegna a un inviato del governo di Saddam Hussein un rapporto sul tenore di vita di Al Mahdi e della sua famiglia. Il dittatore iracheno comincia a sospettare che i soldi sono stati trafugati da Al Mahdi. Il 19 febbraio 1985 Al Mahdi, Husam Al Ferzan e Nazir Auchi vengono arrestati in Iraq. Dopo un anno e mezzo di carcere duro i tre vengono decapitati il 21 settembre 1986.

Durante la prigionia di Al Mahdi, nel maggio 1985, Elio Borradori fa autenticare dei contratti in cui Al Mahdi cede a Talak Sudki El Naboulsi le azioni MEDP, ovvero tutta la struttura segreta basata a Lugano. La firma di Al Mahdi su questi contratti (in possesso dell'Inchiesta) differisce però significativamente da quella che appare in altri documenti. La firma viene contestata dal governo di Baghdad e dalla famiglia di Al Mahdi.

Sulla base di quella firma Giuseppe Poggioli incarica Francesco Pizzagalli, di liquidare l'impero MEDP. Ma dove finisce il ricavato miliardario? E come ha fatto Al Mahdi a firmare i contratti autenticati da Elio Borradori, mentre era in una prigione irachena dove perfino la moglie aveva la proibizione di visitarlo? Sono alcune delle domande che si poneva Gianluca Boscaro quando prima di morire ha inoltrato una causa legale contro Elio Borradori & co.

La causa ora è ferma. Così che Marco Borradori, figlio di Elio e consigliere di stato della Lega, può evitare un danno di immagine a pochi mesi dalle elezioni. Anche perché in passato Marco lavorava nello studio del padre. E forse su questo intrigo così segreto sa qualche dettaglio in più.



Immobili a Lugano e Milano

Nel tesoro sparito di Said Al Mahdi e del suo sponsor Saddam Hussein ci sono anche immobili a Lugano e Milano.

Si tratta del palazzo di Via Monte Ceneri 17 a Lugano, del palazzo futuristico di Via Restelli 18 a Milano e di un prestigioso appartamento in Piazza della Repubblica 32, a Milano.

La famiglia Al Mahdi ed il governo iracheno attraverso l'avvocato Gianluca Boscaro nel loro esposto al Consiglio di viglianza sull'attività dei fiduciari accusano Elio Borradori di falso in atto pubblico e Francesco Pizzagalli di truffa, falso in bilancio e altri reati.

Dopo l'arresto di Said Al Mahdi compaiono lettere di delega (che gli iracheni sostengono essere false) con cui gli immobili vengono venduti per circa 15 milioni di franchi. Ma i soldi non vengono mai versati né alla famiglia di Al Mahdi né al governo iracheno.

Pizzagalli e Borradori sostengono che la delega è vera e che quindi erano abilitati alla vendita, ma non sono in grado di rispondere sulla destinazione dei ricavi...



«Generoso e sensibile»

Era coraggioso Gianluca Boscaro. Sia nello sport che sul lavoro.

L'avvocato Boscaro non aveva molti peli sulla lingua quando si trattava di denunciare ingiustizie.

«Eri generoso, sensibile e sempre disponibile» lo ricorda un amico parapendista. «Sempre con il sorriso sulla bocca, affrontavi qualsiasi difficoltà con fiducia, come in questa foto (appena prima di salire in decollo per il tuo ultimo volo)».



A caccia dei soldi spariti in Ticino

Prima di morire, l'avvocato luganese Gianluca Boscaro aveva trovato molte informazioni scottanti. Lo dimostrano i documenti scoperti dall'Inchiesta.

«Il pericolo gli dava il senso di essere vivo». così un amico ricorda Gianluca Boscaro. «Sia nello sport che nella quotidianità doveva sempre arrivare al limite, a quel punto in cui un dettaglio o il caso potevano ucciderlo. Come poi è stato». Boscaro, campione europeo di parapendio, è morto per una manovra troppo spericolata durante una qualificazione alla coppa del mondo.

Ha voluto fare una capriola in aria, il suo parapendio gli si è attorcigliato intorno come un sudario, nemmeno col coltello gli è riuscito di liberarsi.

La magistratura italiana ha coltivato a lungo il sospetto che il parapendio fosse stato manomesso. Nel penultimo volo le corde si erano spezzate in modo strano. Boscaro avrebbe dovuto sostituire il parapendio, invece l'ha rammendato con ago e filo.

Come avvocato e notaio inizia nello studio legale di Tito Tettamanti e Giangiorgio Spiess per poi mettersi in proprio. Nel 1993 si occupa di una società coinvolta in un traffico di rifiuti radioattivi. Quando si accorge del fattaccio e disdice immediatamente il mandato.

Il segreto professionale gli impedisce di parlare. Spera che le autorità italiane lo chiamino a deporre, per togliersi il peso dalla coscienza. Non è necessario. La banda viene smascherata.

Boscaro si fa altri nemici difendendo le vittime di una truffa ereditaria. Ma soprattutto si fa un nome di persona seria e non razzista nei confronti della finanza islamica.

Gli arabi si rendono conto che i vecchi referenti Pier Felice Barchi e Elio Borradori o non hanno più voglia di immischiarsi (il primo) o si fanno rimanere in tasca troppi resti di cassa (il secondo). Si rivolgono quindi a Gianluca Boscaro.

Nel 1988 è lui il notaio che costituisce la prima società del gruppo Al Taqwa in Ticino. Poi il giovane avvocato svolge incarichi delicati e confidenziali per diversi clienti arabi.

Nel 2000 arriva il compito più gravoso: procedere contro Elio Borradori, Giuseppe Poggioli e Francesco Pizzagalli per ottenere tre risultati apparentemente impossibili.

1. Stabilire quanti soldi sono scomparsi in Ticino. E restituirli agli eredi di Said Al Mahdi e al governo iracheno.

2. Pagare chi ha lavorato per Baghdad in base ai contratti stipulati da Al Mahdi e rivedere questi contratti.

3. Armonizzare la vecchia struttura con quella nuova, costruita dopo l'esecuzione di Al Mahdi.

Boscaro è morto proprio nel momento in cui era riuscito a ricostruire la collocazione di oltre 30 società segrete e circa 50 conti bancari degli iracheni in Svizzera. Conti che sarebbero dovuti restare bloccati dal 1986 ma dai quali si sospetta che siano state illegalmente detratte somme ingenti.

Così facendo Boscaro pone il dito su un punto debole. Prima di tutto scopre che il miliardario Nadhmi Auchi ha fatto pace con Saddam Hussein dopo che quest'ultimo gli aveva ammazzato il fratello.

La procura di Parigi aveva già aperto un'inchiesta su Auchi legata alle forniture illegali di armi tedesche e francesi all'Arabia Saudita. Nel frattempo anche gli italiani si occupano del ruolo di Auchi come intermediatore d'affari per il governo di Baghdad dopo la Guerra del Golfo.

Un interesse che difficilmente sfocierà nelle aule di giustizia. La famiglia di George Bush e Saddam Hussein infatti fanno affari miliardari grazie all'intermediario comune Auchi. E il presidente Usa non gradisce che si sappia in giro.

Seconda scoperta: Boscaro si era accorto che da Vaduz il vecchio Engelbert Schreiber aveva passato i clienti iracheni a suo figlio Engelbert Schreiber Junior ed al suo socio Mario Zindel. I due fiduciari si erano già fatti conoscere per essere gli amministratori di somme milionarie in odor di corruzione. Soldi che il gruppo finanziario del primo ministro italiano Silvio Berlusconi avrebbe pagato per corrompere due giudici civili che si occupavano di una controversia sulla vendita di una catena di supermercati. Questa almeno la tesi dell'accusa nel processo a Milano contro Berlusconi e Cesare Previti.

A partire dal 1987 (pochi mesi dopo la morte di Al Mahdi) lo studio fiduciario Schreiber ricomincia a fondare società come la Napex (finita nella Black List americana). Queste società sono collegate sia al sistema Al Taqwa che al gruppo MEDP in Ticino.

Boscaro aveva scoperto l'esistenza di una cassetta valori nel caveau della banca BNP di Parigi con i nuovi contratti tra Iraq e fornitori militari occidentali.

Tra le varie carte da lui utilizzate per cercare la verità c'erano anche i solleciti dell'ex tuttofare di Al Mahdi, Alberigo Alesi a diversi intermediari e uomini di paglia. Obiettivo: impedire che si scopra la verità sui vecchi e nuovi contratti e sui conti bancari lussemburghesi aperti dalla nuova struttura irachena.

Lo scorso luglio, in un bar di Vezia, Boscaro incontra l'esiliato cubano Marcelo Guzman - uomo chiave dello scandalo dell'ambasciatore svizzero a Lussemburgo Peter Friederich (vedi L'Inchiesta settembre 2002).

Guzman era incaricato di far arrivare i soldi dagli Stati Uniti al Lussemburgo, poi alla Svizzera prima di ripartire, filtrati dalla nuova struttura offshore, per il Medio Oriente.

Morto Boscaro, ora è più difficile scoprire dove sono i soldi spariti in Ticino. Mancano ancora alcuni pezzi del puzzle. E quelli che ci sono già rischiano di essere spazzati via a cannonate nel conflitto tra Usa e Iraq.

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